lunedì 31 maggio 2010

W IL CENTRO STORICO (Prima parte)


Scalea rappresenta uno dei più tipici borghi costieri di origine medievale : un’accozzaglia di case arroccate,unite da viuzze e scale, circondate da mura che servivano da difesa alla città. Ai piedi di questo piccolo borgo si è poi sviluppato il resto del paese, ampliandosi fino alle grandi dimensioni che ha oggi. Ma la sua tipicità continua a risiedere ancora in quelle case arroccate, in quelle viuzze strette e in quelle stancanti scale. Attorno ai moderni palazzi, ai giardini comunali, ad ammassi ed ammassi di cemento si erge questo meraviglioso borgo che guarda la nuova Scalea svilupparsi ai suoi piedi.
Questo è il Centro storico, che negli ultimi anni ha vissuto una sorta di rinascita con l’apertura di esercizi commerciali, locali tipici e le vecchie case diroccate hanno lasciato spazio ad abitazioni completamente ristrutturate e soprattutto abitate tutto l’anno o anche solo per brevi periodi.
Il centro storico in sé rappresenta il cuore di ogni città, la parte pulsante, la parte storico-culturale, ciò da cui tutto il resto ha avuto origine. Il nostro è ricco di chiese, di abitazioni particolari, palazzi, archi, torri, ma nessuna di queste strutture è anonima, ognuna ha una sua storia, una sua leggenda o semplicemente l’uso che ne si è fatto l’ha resa unica, speciale, degna di avere una storia da raccontare. Penso che questo potrebbe essere il nostro valore aggiunto.
Si parla da molto tempo di rivalutazione del centro storico
, punto fermo dei programmi elettorali di ogni lista che ha concorso alla carica amministrativa. Di fatto ancora nulla. Anzi il centro storico a mio parere,è stato depredato in parte delle sue origini e della sua tipicità. Negli anni passati, infatti, non c’è stato nessun tipo di proibizionismo o di filtro a tutte le ristrutturazioni selvagge che si sono fatte. Nessuno ha imposto l’utilizzo del legno al posto dell’alluminio per le finestre, il recupero dei portoni originali piuttosto che le porte blindate, insomma, sempre a mio parere, nessuno ha pensato di riportare alla luce la tipicità di quelle vecchie abitazioni invece di creare degli edifici a metà strada tra il moderno e l’antico. Chiaramente il privato tende ad avere la migliore comodità al miglior prezzo, se nessuno pone dei paletti, a chi interessa spendere tanti soldi per il recupero di un antico portone? Meglio una bella porta blindata no?
Il danno diventa ancora più grande ed evidente quando a subire una “ristrutturazione selvaggia” non è una piccola casetta arroccata, ma un palazzo storico come il Palazzo Pallamolla, antica dimora di una famiglia di ricchi mercanti provenienti dalla Provenza, di cui prese il nome, uno dei maggiori e più antichi simboli di Scalea.
Nel 2008 l’allora Assessore alla “Rivalutazione del Centro storico”, Tiziana de Bonis, avviò il “Piano Colore”, piano del decoro e del colore del paese antico. Esso dà direttive precise sull’utilizzo dei serramenti, degli impianti tecnologici, delle tubazioni, delle insegne pubblicitarie, delle grate, delle linee telefoniche, alle quali i privati devono attenersi per le ristrutturazioni nel Centro Storico. Peccato, però, che questa pregevole iniziativa sia nata così tardi (fine 2008) ed i lavori del Palazzo Pallamolla non abbiano subìto tali restrizioni.
Ad oggi, ciò che ci rimane da fare è rivalutare il nostro Centro Storico, portarlo all’attenzione del turista e invogliarlo alla visita.
Noi di proposte ne abbiamo tante (vedi rubrica della scorsa settimana), ma per il momento quel che mi chiedo è : esiste o è mai esistito un piano programmatico per la rivalutazione del centro storico? Il Comune di Scalea sta facendo rispettare realmente e alla lettera il “piano colore” avviato nel 2008? Esiste un organo di controllo, o semplicemente un tecnico, per le verifiche? Se non esiste, come fa il Comune a verificare che il piano colore venga rispettato in ogni suo punto? Cosa pensano gli scaleoti che vivono nel centro storico sull’attuale situazione del luogo? Ritengono che sia ben gestito da parte del Comune?
Forse le domande sono tante, il motivo è che le incertezze sono troppe…
(Fine prima parte)

di Anna Rita Amoroso

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