mercoledì 30 settembre 2015

ESEMPI di ripopolamento del centro storico

Io c’entro a Chiari 

Ecco come Luca Martinelli, giornalista di “Altreconomia”, racconta sul sito del mensile il bellissimo progetto “Io c’entro a Chiari”, promosso nel comune bresciano che proprio lo scorso 7 settembre ha deliberato in consiglio comunale l’adesione alla nostra associazione.
Un progetto di rigenerazione urbana, di riuso, e di grande lungimiranza.
La nuova cartolina del centro storico di Chiari, un Comune di 18mila abitanti in provincia di Brescia, non va affrancata. È, in realtà, una mappa, a disposizione di cittadini e amministratori, che potranno usarla per orientarsi nella propria città alla ricerca degli immobili sfitti e in disuso.
L’ha prodotta l’associazione Temporiuso.org, nell’ambito del progetto “Io c’entro a Chiari”, lanciato lo scorso primo settembre. I vuoti sono indicati come “buchi neri”, perché rischiano di diventare un problema. Per questo, l’amministrazione comunale ha dato incarico a Temporiuso.net di realizzare, coinvolgendo i cittadini, un percorso di rigenerazione urbana, che prevede il riutilizzo (anche) temporaneo di questi immobili.
Il primo passo per la riattivazione degli spazi si chiama conoscenza: “Da settembre 2014 abbiamo avviato incontri e riunioni che hanno coinvolto il sindaco e diverse rappresentanze locali, dai commercianti alle associazioni, ai proprietari privati di immobili. 
Abbiamo trovato un centro ben tenuto, curato: parlar di spopolamento è parola grossa, ma ci sono dei fattori negativi, come i numerosi negozi sfitti al piano terra o l’abbandono di interi edifici residenziali” spiega Isabella Inti, di Temporiuso.net.
Chi arriva in auto in questa città, che è situata lungo la strada statale 11 ed è attraversata dall’autostrada BREBEMI, a meno di trenta chilometri da Brescia, potrà “verificare come Chiari sia cresciuta fuori dal centro storico, dove sono sorti nuovi quartieri di villette e si costruiscono ancora centri commerciali” aggiunge Inti.   

Su richiesta e incarico dell’amministrazione, i professionisti di Temporiuso.net hanno messo a punto un crono-programma di attività per arrivare a definire “come” intervenire su Chiari.
Il primo passo? “Rendere visibili gli spazi in abbandono: abbiamo prodotto la cartolina, che individua 74 spazi sfitti (poi diventati 80, ndr), tra immobili e negozi”. Il 1° settembre 2015, in occasione del Palio cittadino delle Quadre, una delle manifestazioni locali più importanti, è stato presentato il progetto. Che prevede, a partire da mercoledì 16, “delle passeggiate collettive -racconta Inti-: la prima si terrà in via Corteggiano, dove ci sono una decina di negozi sfitti. Mostreremo questi spazi vuoti, e ascolteremo le storie di ex commercianti, di chi se ne è andato (anche come residenza), ma anche di chi è tornato: uno dei negozi sfitti lungo la via, infatti, è stato affidato temporaneamente da un privato all’associazione l’Impronta, che organizza a Chiari il festival della micro-editoria”.
Dopo le passeggiate, arriveranno i workshop, ad ottobre: “Le diverse ‘popolazioni di abitanti’ -commercianti, studenti e personale delle scuole, anziani- saranno chiamati a discutere su ‘che cosa potrebbe nascere di nuovo’. A fine ottobre verrà inaugurata una mostra, per presentare i risultati dei workshop: saranno votati i progetti sviluppati nelle 4 vie principali del centro storico, per decidere quale ‘far rinascere prima’. Tra novembre e dicembre partiranno alcuni progetti pilota, come installazioni, mostre e performance all’interno degli spazi. In altri casi, avvieremo invece progetti di lunga durata, cioè di uno o al massimo due anni. Immaginiamo botteghe artigiane o anche la possibilità di insediamenti abitativi, anche a piano terra, con affitto a prezzi calmierati.
Il Comune di Chiari ha investito nel progetto di rigenerazione urbana 15mila euro: 10mila euro vanno ai professionisti di Temporiuso.net, mentre 5mila verranno complessivamente investiti nei materiali e nelle opera necessarie a rendere efficace il progetto. 

Che, secondo Isabella Inti, deve avere un’orizzonte politico più ampio, come descritto anche nel libro “Temporiuso” edito da Altreconomia edizioni: “Temporiuso.net mira ad indirizzare le politiche pubbliche. Da una parte, esistono incentivi -come uno scomputo fiscale- per favorire il riutilizzo. Dall’altra, è possibile bloccare o non concedere più permessi al di fuori dell’area già urbanizzata, come incentivare le associazioni di via per centri commerciali naturali”.
Un obiettivo possibile del processo di rigenerazione urbana è infatti aiutare l’amministrazione comunale a “valutare in modo diverso le proprie scelte: nuovi permessi che permettono di costruire e consumare suolo, incentivano indirettamente i giovani o le famiglie ad investire il proprio patrimonio in una nuova villetta, e non nella ristrutturazione di un immobile del centro storico”.

fonte : comuni virtuosi.org 

lunedì 10 agosto 2015

MELPIGNANO cooperative di comunità


«Riunirsi insieme significa iniziare; rimanere insieme significa progredire; lavorare insieme significa avere successo».

L’aforisma di Henry Ford calza a pennello per descrivere l’esperienza di Melpignano, il borgo in provincia di Lecce celebre in tutta Europa per il festival musicale Notte della Taranta, dove nel 2011 è nata la prima esperienza in Italia di “cooperativa di comunità”.

A raccontare la storia di questo piccolo comune virtuoso di 2.300 abitanti in cui le istituzioni e una parte dei residenti, insieme, hanno fondato una cooperativa di servizi al fine di cooperare per il bene del territorio, è il sindaco Ivan Stomeo (eletto nel 2010 e riconfermato quest’anno con l’80% dei voti a capo della lista civica Progetto democratico di area Pd) nel libro “La cooperativa perfetta” (ed. Editrice Missionaria Italiana, 64 pagine, 7 euro), scritto per spiegare in cosa consiste la formula della cooperativa di comunità e con quali modalità l’esperienza si può riproporre altrove.
«Una comunità che esprime gioia è una comunità che ha il senso del futuro», sostiene spesso Ivan Stomeo negli incontri di presentazione del suo libro in giro per l’Italia. E in fondo la storia di questo borgo si riassume perfettamente in quello che non è solo uno slogan, ma è diventato una bella realtà.
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«Tutto è cominciato nel giugno 2010, quando partecipai a Cefalù a un convegno sul turismo responsabile con Giuliano Poletti, allora presidente di Legacoop. Poletti accennò a un’idea ancora allo stato embrionale: creare le condizioni affinché i cittadini di un borgo si possano organizzare per autogestire lo sviluppo del proprio territorio», racconta Stomeo. Da sindaco, intuì subito una grande opportunità di crescita, non solo economica, che la sua comunità poteva avere e si mise a disposizione per una prima sperimentazione sul campo. Dopo un mese erano già nato un gruppo di lavoro con i rappresentanti di Legacoop nazionale e una delegazione dell’Associazione Borghi Autentici d’Italia. Prese forma in quei giorni l’idea di sperimentare a Melpignano, per la prima volta in Italia, un modello di nuova cooperazione.

«La mia intuizione sta tutta qui, in fondo. Mi sono chiesto: perché non mettere insieme i cittadini, le maestranze della comunità, i tecnici che si occupano di energie rinnovabili, gli installatori di impianti fotovoltaici, l’amministrazione di una comunità e creare quella Cooperativa di comunità di cui si discuteva? Perché non utilizzare i proventi delle rinnovabili per finanziare la Cooperativa di comunità? Perché lasciare alle grandi multinazionali il privilegio di gestire gli utili delle rinnovabili? », commenta Stomeo.
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Detto, fatto. Era il 18 luglio 2011, quando in piazza San Giorgio, alla presenza del notaio dottor Giovanni De Donno di Maglie, i primi 71 soci fondatori (che oggi sono diventati 127) hanno sottoscritto lo statuto della cooperativa. «Quel giorno (nella foto di apertura, ndr) faceva un caldo infernale. Era luglio, ma nessuno dei 71 soci ha nemmeno lontanamente pensato di alzarsi dalla sedia al sole prima di tre ore, tanto durò la prima tappa di un cammino entusiasmante. È bello vedere un’idea nel momento in cui si trasforma in realtà, quando si materializza in un progetto concreto. La cooperativa di comunità è nata dal raccordo tra pubblico e privato e noi siamo riusciti subito a dare un segnale di quello che si può fare nel campo dell’energia verde», sottolinea il sindaco di Melpignano.

La prima azione, infatti, è stata l’installazione dei tetti fotovoltaici sulle case dei soci, grazie ai quali oggi i cittadini hanno l’energia gratis. Con un investimento di 400mila euro sono stati realizzati i primi 34 impianti, di cui 29 di proprietà della Cooperativa e 5 venduti ai soci. Parte dell’incentivo del Gestore dei servizi energetici percepito dalla cooperativa. Gli utili dell’intera operazione sono stati circa 21mila euro che il Comune ha deciso di riutilizzare per l’acquisto dell’erogatore della Casa dell’acqua
Dopo il fotovoltaico abbiamo deciso di offrire un altro servizio ai cittadini ed è nato il progetto delle case dell’acqua. La prima struttura è stata installata nel 2013 per erogare, a 5 centesimi al litro, acqua minerale refrigerata. In breve è diventata per noi un’attività a tempo pieno e a oggi abbiamo montato 42 erogatori in altrettanti Comuni del territorio leccese, che presto saranno 50», continua il sindaco del borgo salentino. «Vengono impiegate circa venti persone tra elettricisti, idraulici e artigiani per la realizzazione delle casette, e per tutta la manutenzione necessaria. Solo a Melpignano abbiamo erogato 460mila litri di acqua, generando risparmio ambientale ed economico in termini di bottiglie di plastica non prodotte e di quantità di CO2 non emessi in atmosfera. In più con i ricavi, che lo scorso anno ammontavano a 23mila euro, abbiamo sostenuto le spese per l’acquisto dei libri di testo di 63 ragazzi di famiglie a basso reddito e contribuito al pagamento della mensa scolastica. Questo secondo me è il risultato politico e sociale più importante», conclude Stomeo.
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venerdì 9 gennaio 2015

GPP Green Public Procurement


Il Green Procurement è un sistema di acquisti di prodotti e servizi ambientalmente preferibili, cioè "quei prodotti e servizi che hanno un minore, ovvero un ridotto, effetto sulla salute umana e sull'ambiente rispetto ad altri prodotti e servizi utilizzati allo stesso scopo".

In questo ambito un settore specifico è costituito dal Green Public Procurement (GPP). Gli acquisti effettuati dalla Pubblica Amministrazione, infatti, rappresentano in Italia e in Canada il 17% del Prodotto Interno Lordo (PIL), in Europa il 18%, negli USA il 14% .
La pratica del GPP consiste nella possibilità di inserire criteri di qualificazione ambientale nella domanda che le Pubbliche Amministrazioni esprimono in sede di acquisto di beni e servizi. Su questo tema la P.A. può svolgere, quindi, il duplice ruolo di "cliente" e di "consumatore", e in quanto tale può avere una forte capacità di "orientamento del mercato".
Il ricorso allo strumento GPP viene caldeggiato da tempo dall'Unione Europea che ne parla diffusamente sia nel "Libro Verde sulla politica integrata dei prodotti", sia nel Sesto Programma d'Azione in campo ambientale. E' però la COM (2001) 274 “Il diritto comunitario degli appalti pubblici e le possibilità di integrare le considerazioni ambientali negli appalti” a rappresentare, a tutt’oggi, l’atto di “indirizzo” di riferimento della Commissione in materia di GPP, cui va ad aggiungersi l’adozione della direttiva 2004/18/CE del 31 Marzo 2004, relativa al “coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture, di servizi e di lavori” che pure introduce la variabile ambientale oltre a tentare di semplificare una normativa fin troppo dettagliata.
In Italia un primo segnale in tal senso viene con l'approvazione da parte del CIPE della delibera n. 57 del 2 agosto 2002 "Strategia d'azione ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia", che stabilisce che "almeno il 30% dei beni acquistati debba rispondere anche a requisiti ecologici; il 30-40% del parco dei beni durevoli debba essere a ridotto consumo energetico, tenendo conto della sostituzione e facendo ricorso al meccanismo della rottamazione".
Con il decreto 8 maggio 2003 n. 203, inoltre, il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio ha individuato "regole e definizioni affinché le regioni adottino disposizioni, destinate agli enti pubblici e alle società a prevalente capitale pubblico, anche di gestione dei servizi, che garantiscano che manufatti e beni realizzati con materiale riciclato coprano almeno il 30% del fabbisogno annuale".
Il GPP potrà essere, quindi, un valido strumento per favorire la crescita di un "mercato verde", attraverso:
  • l'inserimento di criteri di preferibilità ambientale nelle procedure di acquisto della Pubblica Amministrazione nell'ambito dell'offerta economicamente più vantaggiosa;
  • la possibilità di considerare i sistemi di etichettatura ambientale come mezzi di prova per la verifica di requisiti ambientali richiesti;
  • la possibilità di considerare le certificazioni dei sistemi di gestione ambientale (EMAS - ISO 14001) come mezzi di prova per la verifica delle capacità tecniche dei fornitori per la corretta esecuzione dell'appalto pubblico.