Con sofferenza raccolgo la vostra richiesta a voler ricordare quel drammatico sisma del 23 novembre 1980 che lacerò un pezzo di Basilicata e Campania.
Allora ero in forza come infermiere presso l’ospedale civile di Cetraro CS,
il sisma attivo subito la coscienza di tanta gente a raccogliere coperte, alimenti , medicine.
Dopo due giorni mi recai dal direttore sanitario proponendo la volontà di recarmi in aiuto ai a questa gente a cui era toccata questa sorte.
Dopo qualche ora eravamo in 13 (4 medici, 8 infermieri, 1 autista con autoambulanza) autorizzati dal direttore nel portare soccorso.
Nella mattinata del giorno dopo si parte, in carovana,ogni due persone una auto .Ci portiamo il sufficiente per sostenerci e tutto il materiale per allestire un pronto soccorso.
Obiettivo, Avellino, in prefettura,era lì che si coordinavano i soccorsi. Dopo un tortuoso viaggio , a mezzanotte eravamo lì, in prefettura , dopo un po’ ci dissero di recarci a Castelnuovo di Conza.
Alle quattro del mattino eravamo in quel paese,dopo averne attraversato tanti altri che sembravano tanti cimiteri.. bare e bare , questo è stato il nostro primo impatto, e poi tante tende allestite per il ricovero di tanti sopravvissuti sfollati.
Dopo due ore di forzato riposo diamo il cambio ad una equipe di soccorritori accorsi da Messina. Dalle sei alle venti il nostro giro senza sosta tra le tende ad andare a scovare persone ferite , doloranti , attonite e senza più lacrime negli occhi. Altri più gravi li portavamo al pronto soccorso. La vastità del territorio e la quantità degli interventi non dava spazio al crollo delle nostre forze. Dopo una giornata all’insegna della sofferenza con il freddo, pioggia ,fango, freddo e dopo aver preparato i turni della notte per il pronto soccorso, ci si rifugiava nella nostre auto per rifocillarci, ci si avvolgeva nelle coperte e così dopo un po’ di sonno alle prime luci dell’alba ci si rimette al “lavoro”.
Dopo tre giorni ci danno il cambio, una altra equipe sanitaria di cui non ricordo la provenienza. Questa testimonianza, se pur frammentata, non vuole nessun merito, è solo una pagina di solidarietà che resta cementificata nei nostri occhi.
Con il mio collega di macchina ci eravamo ripromessi di ritornare dopo qualche anno, ma non sempre quello che promette il cuore si può esaudire.
Voglio ricordare il nostro direttore sanitario che immediatamente dopo le nostre volontà a partire, non fece passare che qualche istante per mettersi a organizzare egli stesso la macchina organizzativa. Non posso che ringraziare i miei colleghi che rimasero in ospedale , i quali si accollarono volentieri anche il nostro lavoro. Ricordo e ringrazio tutti quelli che parteciparono con me a quel soccorso, ai quali va tutta la mia riconoscenza.
Francesco Celano
Grazie Franco,
RispondiEliminaper questa testimonianza.
Sei un esempio di speranza, fiducia e umanità.
La solidarietà è la chiave per uscire dal bisogno e dalla "prigione" culturale in cui ci troviamo.
E' dura, è difficile ma guardando te le forze e la determinazione si nutrono di nuovo vigore.
Grazie.
Monica
......grazie, grazie, grazie Frà. Riccardo
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