AACC- Corrotti anonimi-“Salve, mi chiamo Italia e sono corrotta”
L’articolo che segue è tratto dal sito “La Stampa.it” e parla dell’ultimo rapporto della Direzione investigativa antimafia. Questo rapporto dice cose che in realtà tutti quanti già sapevamo o perlomeno intuivamo. Cioè che l’Italia è corrotta sia al Nord che al Sud e chi crede che la Mafia sia solo un problema del Sud o è un illuso o un bugiardo. La Mafia è un problema italiano e mondiale.
A tal proposito non si comprende l’insurrezione del Ministro Maroni e della “gente del Nord” alle parole di Saviano. Dov’è la notizia o l’offesa eclatante? E’ un fatto storico, evidente. L’evidenza è data dalla situazione di estrema precarietà e fragilità dell’economia italiana.
Fra le righe della relazione della DIA si legge che il tessuto sociale ed economico del ricco Nord sta, come già avvenuto al Sud, uniformandosi e accettando i meccanismi imposti dalla Mafia. Chi ha letto Gomorra non ha potuto notare come nel racconto di Saviano vi sia una costante terribile: il sistema mafioso funziona meglio di quello statale. Il rispetto delle regole comporta grandi vantaggi. Il “Sistema” protegge dallo stato di bisogno, garantisce un lavoro, concede prestiti agevolati, cure mediche, ……e potremmo andare avanti per ore. Supplisce alle carenze dello Stato. I legami fra poteri sono una ovvietà. E’ ovvio che per poter accedere ai grossi capitali, alle grosse gare, il Sistema interagisce col potere politico. Ciò non vuol dire che tutti i politici sono collusi ma che certamente qualcuno lo è. Per contro i voti del Sistema partecipano del risultato elettorale.
Allora dov’è lo scandalo nelle parole di Saviano? Lo scandalo è negare l’evidenza e rimanere inerti e in silenzio di fronte a questa.
Il primo passo verso la disintossicazione è riconoscere che il problema c’è e prenderne atto. Il secondo è cambiare comportamento, perché liberi di farlo. Ai lettori di W Scalea vogliamo dire che libertà è poter dire quel che si pensa e anche non essere d’accordo con quel che un altro dice, nei limiti del rispetto. La nostra Scalea vive al pari di altre realtà uno stato di immobilismo e assuefazione sociale da troppo tempo. Il nostro intento è solo quello di scuotere le coscienze. Il nostro pensiero non può piacere a tutti ma noi lo esprimiamo sempre con rispetto e senza astio. Ci piacerebbe che fosse così anche da parte di chi non condivide la nostra opinione.
Civiltà, legalità e solidarietà sono valori pesanti e coperti di polvere. Noi, ci è stato detto, stiamo soffiando su quella polvere e questo sta facendo starnutire molti. In realtà cerchiamo solo di “negare il consenso”* al degrado culturale di questi anni.
(cit. P. Borsellino-Discorso ai siciliani)
ROMA
La 'Ndrangheta condiziona la vita sociale, economica e politica della Lombardia, stringendo legami con le aziende e infiltrandosi negli appalti pubblici. Nel pieno dello scontro tra il ministro dell'Interno Roberto Maroni e lo scrittore Roberto Saviano, la Direzione investigativa antimafia lancia l'allarme sulla «costante e progressiva» evoluzione delle cosche calabresi nelle regioni del nord Italia.
Quella che la Dia fotografa nella relazione inviata al Parlamento e relativa ai primi sei mesi del 2010, è una realtà che non lascia dubbi: le cosche hanno messo radici nelle aree più produttive del paese grazie alla «consolidata presenza» di alcuni degli esponenti delle famiglie storiche di 'Ndrangheta. Lo hanno fatto in Piemonte e in Liguria, in Veneto ed in Emilia Romagna ma soprattutto in Lombardia. Ed è così che, nel corso degli anni, si è andata affermando una vera e propria «mafia imprenditrice calabrese» che ha già messo gli occhi e forse anche le mani sulle opere dell'Expo 2015. Per questo, dice la Dia, serve un «razionale programma di prevenzione» che blocchi le infiltrazioni e che coinvolga non solo forze di polizia e magistrati ma tutta la società civile.
I metodi per infiltrarsi nel tessuto sociale lombardo dalle cosche, sono gli stessi utilizzati in Calabria: la costante ricerca del consenso e l'assoggettamento, attraverso le minacce e le estorsioni. Così facendo gli imprenditori mafiosi «interagiscono con gli ambienti imprenditoriali» sani; da un lato trascinando le cosche «nelle attività produttive» e dall'altro «collegandole con ignari settori della pubblica amministrazione, che possono favorirne i disegni economici». Come? Attraverso «propri e sfuggenti cartelli di imprese - dice la Dia - che si infiltrano nel sistema degli appalti pubblici, nel combinato settore del movimento terra e in alcuni segmenti dell'edilizia privata, come il multiforme comparto delle cosiddette "opere di urbanizzazione"». Ma le imprese controllate dai boss «offrono anche vantaggi concreti agli imprenditori e alle amministrazioni pubbliche, utilizzando il ricorso al massimo ribasso nelle gare d'appalto e garantendo la realizzazione dei lavori in tempi rapidi, fattore di importanza decisiva» nei contratti.
Questa strategia, annota la Dia, fa sì che il «condizionamento ambientale» della 'Ndrangheta in certi contesti lombardi è talmente forte da esser riuscito «a modificare sensibilmente le dinamiche degli appalti, proiettando nel sistema legale illeciti proventi e ponendo le basi per ulteriori imprese criminali». Da questo contesto non è esente da responsabilità la politica visto che «taluni compartimenti della criminalità organizzata sono riusciti ad interagire» con settori della pubblica amministrazione. Non a caso le operazioni "Parco Sud" e "Cerberus" della Gdf, hanno portato alla luce «il coinvolgimento di alcuni personaggi, rappresentati da pubblici amministratori locali e tecnici del settore che, mantenendo fede con talune significative componenti organicamente inserite nelle cosche, hanno agevolato l'assegnazioni di appalti ed assestato oblique vicende amministrative». Veri e propri legami tra mafia e politica, dunque, emersi dall'indagine che ha consentito di individuare nella zona sud ovest di Milano alcune diramazioni delle 'ndrine Barbaro-Papalia e che ha portato all'arresto del vice presidente di una Spa, dell'ex sindaco di Trezzano sul Naviglio, del vertice del Cda di aziende pubbliche impegnate nella gestione delle risorse idriche nel milanese e di un componente del consiglio comunale e di un geometra dello stesso comune di Trezzano.
C'è però un ulteriore elemento che meglio di ogni altro conferma come ormai sia profondo l'intreccio tra economia mafiosa ed economia legale, tra cosche e politica: è la «pacifica accettazione» da parte di una fetta della società, che imprese «riconducibili a cartelli calabresi» operino nei settori dell'edilizia pubblica e privata. «Il movimento terra resta allo stato attuale l'attività principalmente controllata dalle compagini calabresi - scrive la Dia - a tal punto che è diventato fisiologico per le ditte esecutrici di interventi edilizi rivolgersi a determinate ditte per l'esecuzione di tali attività, assicurando peraltro al committente una sorta di garanzia sull'esecuzione dei lavori senza ulteriori interferenze». Per gli imprenditori le parole della Dia non sono certo una novità: «Il problema c'è tant' è vero che abbiamo firmato con il ministro Maroni il protocollo per la legalità proprio a Milano proprio a testimonianza che il problema criminalità non riguarda il Mezzogiorno ma tutto il Paese», dice Emma Marcegaglia.
lo scandalo sta nel fatto che saviano mette in discussione la lega e il ministero dell'interno!
RispondiEliminache faccia nomi e cognomi se crede di sapere tutto! queste cose lasciamole nelle mani delle forze armate e investigative , saviano stavolta ha esagerato! e maroni se si arrabbia fa bene, i fatti parlano chiaro e sono a suo favore !!!!!!!!!!!!!
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RispondiEliminaperchè avete eliminato il post? con chi l'aveva ? posso saperlo e sopratutto cosa diceva? grazie!
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