mercoledì 7 maggio 2014

TRENTATRE AVVOCATI FANNO CAUSA AL PD E A FORZA ITALIA PER LA RESTITUZIONE DEI SOLDI INCASSATI DOPO IL REFERENDUM

 Chiesti 2 miliardi a FI e Pd

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Trentatre avvocati hanno citato in giudizio Pd e Forza Italia per chiedere la restituzione di 2 miliardi e mezzo di euro, ossia la somma «percepita dai partiti dal ’93 ad oggi, eludendo e disattendendo, con artifici e raggiri semantici, la sovrana volontà popolare». Al referendum indetto 21 anni fa, su proposta del Partito radicale, il 90,3% dei votanti si dichiara favorevole all’abrogazione della legge n.195 del 1974, nella parte in cui era previsto il finanziamento pubblico ai partiti. Nonostante ciò, da allora, lo Stato italiano ha erogato ai partiti politici 2.500.000.000 euro «sulla base di normative elaborate "su misura" e in palese violazione della giurisprudenza costituzionale». Per questo i legali che hanno promosso il giudizio, tutti dirigenti del sindacato Avvocati Calabria, chiedono al Tribunale civile di Roma di trasmettere gli atti alla Corte Costituzionale per dichiarare illegittime tali norme e - nel merito - chiedono che Pd e FI, in quanto partiti protagonisti della storia politica degli ultimi anni, restituiscano agli avvocati la loro quota parte dei 2 miliardi e mezzo di euro.
Nell’atto di citazione viene fatto un excursus normativo dell’ultimo ventennio. Già nel dicembre del 1993, pochi mesi dopo il referendum abrogativo, il Parlamento aggiorna la già esistente legge sui rimborsi elettorali, definiti «contributi per le spese elettorali». Alle elezioni del 27 marzo 1994 vengono erogati, in un’unica soluzione, 47 milioni di euro. La stessa norma viene applicata per la successiva tornata elettorale del 21 aprile 1996. L’organo legislativo torna sulla materia e con la legge n.157 del 1999 prevede cinque fondi per le elezioni di Camera, Senato, Parlamento europeo, regionali e referendum, per 193.713.000 euro in caso di legislatura completa. Nel 2002 il fondo viene trasformato in annuale e viene abbassato dal 4% al 1% il quorum per ottenere il rimborso elettorale. Di conseguenza, l’ammontare da erogare per Camera e Senato, in caso di legislatura completa, viene più che raddoppiato, passando a 468.853.675 euro. Infine con il «decreto mille proroghe» del 2006 si stabilisce che lo stanziamento venga concesso indipendentemente dalla durata effettiva della legislatura. Con la recente legge n.96 del 2012 è stato poi creato un fondo unico per finanziamento pubblico e rimborso delle spese elettorali (70% del totale) e un altro per il cofinanziamento dello Stato in aggiunta alle donazioni private (30%).
«Alla luce dell’ulteriore previsione normativa di non imporre ai partiti una rendicontazione delle spese effettivamente sostenute - si legge nell’atto - appare evidente che quello che lo Stato eroga è un vero e proprio finanziamento dell’attività politica, in netto contrasto con quanto emerso dal referendum del 1993». «Il popolo italiano ha quindi versato ai partiti politici fondi non dovuti - è la conclusione a cui arrivano i 33 avvocati - Lo Stato è governato e amministrato da quegli stessi partiti che rappresentano sia il potere legislativo che il potere esecutivo e che quindi impediscono il recupero dell'indebito». Da qui l’iniziativa di ricorrere alla giustizia.
«Vediamo se esiste un giudice a Berlino - commenta Sabato Carlo Paduano, segretario regionale del sindacato Avvocati Calabria - Questa causa è il pretesto per chiamare a responsabilità i singoli politici, che restano sempre impuniti e impunibili. Si è deviato negli ultimi anni dal binario costituzionale: i presidenti del Consiglio sono stati eletti come se fossimo una repubblica presidenziale; per l’elezione del Parlamento è stata applicata una legge elettorale truccata, concedendo per giunta i rimborsi ai partiti. Qualcuno ora deve rispondere per i danni arrecati al popolo italiano, mettere mano al portafoglio e restituire i soldi percepiti in modo illecito. È una provocazione, ma è solo l’inizio».
carlo paduano

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