mercoledì 18 settembre 2013

LE PAROLE "RUMORE"

Durante la manifestazione che abbiamo organizzato per la sera del 04 settembre, un’ospite, la prof. Martino, ha spiegato cosa sono le parole “rumore”. Impossibile per me recuperare nella memoria la definizione tecnica del termine, ma l’espressione mi ha colpito. Le parole “rumore” sono quelle prive (o almeno così l’ho interpretato io) di contenuto, vuote. Quelle parole cioè che non comunicano in realtà nessun messaggio concreto ma, soprattutto non sono costruttive. Ebbene la politica è rumorosissima, anzi la politica è vittima di uomini rumorosissimi. Oggigiorno il cittadino medio reagisce alla parola “politica” con una smorfia di disgusto. Il termine è associato ad aspetti negativi come la falsità, l’imbroglio, il malaffare e si respinge. Nella mentalità collettiva la politica viene vissuta come qualcosa di estraneo e lontano, qualcosa da evitare, infetto. In realtà questo modo di reagire delle persone contribuisce alla degenerazione della politica in quanto se l’onesto se ne infischia, il disonesto “s’a fishc”. Il problema è complesso e non è nemmeno tanto indispensabile analizzarlo troppo (si rischia di fare altro rumore) ciò che conta è “l’oggi”, il presente, come fare a lasciarsi alle spalle questa specie di surrogato di politica. Il cittadino, per meritare questo nome, non può sottrarsi ai suoi doveri civici: scegliere con buon senso i suoi rappresentanti e poi vigilare, costantemente sul loro operato. Il cittadino vero è in grado di distinguere fra servizi e favori, fra doveri e diritti. Infine il cittadino è tale quando si interessa dei suoi concittadini. Questa è politica questa è dignità. Agire anziché subire. E allora via alle iniziative: adottiamo le aiuole, adottiamo le strade, denunciamo discariche e scarichi abusivi, organizziamo eventi culturali, facciamo collette in favore di chi è in difficoltà, rispettiamo le regole e biasimiamo chi non le rispetta. Collaboriamo con le istituzioni. Ancora oggi chi con orgoglio dice di essere cresciuto “ a pane e politica” non capisce che la gente è stanca di sentire sempre le solite storie: proclami vuoti e senza riscontri concreti, che fanno solo rumore. L’uomo politico navigato fa della sua imperitura presenza negli organi istituzionali un vanto, ma si sbaglia. La disaffezione popolare e la devianza della politica è responsabilità di chi dice di averla fatta in tutti questi anni. E allora? Se i professori della politica non vogliono essere chiamati vecchi (aggettivo che va riferito al modo di fare e non alla data di nascita) dovrebbero cominciare ad agire e smettere di parlare. Concludo con un esempio esplicativo: qualche tempo fa è stata organizzata una colletta in favore di alcuni bambini. Tanti cittadini, anche se poveri, hanno contribuito con quel che potevano (anche un solo euro). Una richiesta di contributo è stata fatta ad un ricco uomo politico il quale ha risposto: “no io non partecipo perché deve essere il Comune a provvedere e non intendo risolvere i problemi dei miei avversari politici”. Capite perché siete vecchi?......... Di Monica De Carlo

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