
Il 22 febbraio 2011 abbiamo pubblicato un post “Questione di scelte” nel quale denunciavamo la “pericolosità” della delibera n. 18 del 2011. Rinfreschiamoci un po’ la memoria. La questione riguarda la vendita a prezzi stracciatissimi dei terreni comunali.
“Dice la Giunta del Comune di Scalea nella delibera n. 18 del 2011:” per poter accedere all’alienazione a prezzo ridotto del 50% occorre che gli interessati dimostrino il possesso del terreno ultraventennale e che gli stessi terreni siano oggetto di controversia per cause in corso o vinte in primo grado dall’occupante e rinunzia del Comune all’appello”.
Parliamo per esempi che è più facile. Diciamo che Tizio ha fatto causa al Comune chiedendo l’usucapione (la proprietà) di un terreno comunale. Il Giudice di primo grado dà ragione a Tizio. Il Comune invece di affrontare le spese di un appello, probabilmente inutile, decide di vendere il terreno a Tizio, a prezzo ultra ridotto. Fin qui tutto ok. Anzi, in questo modo l’Ente guadagna invece di spendere.
Ma quando si parla di “causa in corso” cosa si intende? Vuol dire che Caio notifica un atto chiedendo che gli venga riconosciuta la proprietà per usucapione di un terreno comunale, affermando di avere il possesso ultraventennale. Lo afferma e basta. Investe qualche euro e la causa è in corso. E’ una stupidaggine affermare “occorre che gli interessati dimostrino il possesso del terreno ultraventennale”. Solo una Sentenza di un giudice potrà o meno affermare tale possesso, non di certo il Comune di Scalea.
Cosa comporta tutto ciò? Comporta che si apre una falla pericolosa nel sistema del patrimonio comunale. Chiunque può affermare, di possedere un terreno comunale da oltre 20 anni. Questa semplice affermazione consente, di accedere alla trattativa con l’Ente e comprare un terreno comunale ( quindi di tutti) a quattro soldi.
Allora ci chiediamo. Quali cause convengono di più? Cercare di conservare il patrimonio comunale oppure opporsi a richieste di pagamento per forniture e servizi di cui si è effettivamente fruito?”
Questo dicevamo a febbraio.
Oggi,